Recensione a cura di Albyrinth - tutte le immagini, e la musica, sono copyright degli aventi diritto
Alla fine della recensione di Woe, avevo dichiarato che gli An Abstract Illusion erano uno dei nomi emergenti della scena dedita alle sonorità Death Metal declinate in modo progressivo, con un sound indubbiamente ancora fortemente debitore di svariate influenze (Opeth su tutti, ma anche Emperor, Cynic e Devin Townsend), ma con una personalità già definita e grandi, anzi grandissime potenzialità. Potenzialità che, in modo abbastanza sorprendente e a distanza di soli tre anni, esplodono letteralmente in The Sleeping City, terzo album della formazione svedese, che presenta un sound decisamente rinnovato, caratterizzato da un songwriting molto ardito e libero da strutture e da atmosfere decisamente più ariose.
Per fare qualcosa di originale, per una volta partiamo dalla copertina, che rispecchia perfettamente il cambiamento nella musica degli An Abstract Illusion: quella di Woe - opera di Adam Burke - , un lavoro molto nervoso e, per certi versi, opprimente è tutta giocata sui toni oscuri, mentre quella di The Sleeping City [che, forse anche per il titolo, mi ha ricordato immediatamente il racconto "La Ricorrenza" di H.P. Lovecraft] - opera di Alex Eckman-Lawn - è virata su toni molto più chiari, arrivando addirittura al rosa fluo per il centro dell'immagine. Una scelta non casuale, dal momento che nell'album si respira un'atmosfera totalmente differente, meno oscura e nervosa, e dominata da lunghi e melodici passaggi strumentali. Insomma, una dimostrazione che la band svedese ha studiato questo album nei minimi particolari, a partire dalla copertina, tra l'altro davvero bello ed efficace.
Ma, aldilà dell'artwork [e del plauso per avere scelto per entrambe le copertine due ottimi illustratori invece di ricorrere ad AI o soluzioni più economiche] il cambiamento dell'atmosfera e dell'attitudine della band svedese lo si carpisce sin dalle prime note che aprono "Blackmurmur", dove siamo accolti da un piacevole suono di sintetizzatore che ricorda immediatamente le atmosfere Carpenteriane e dal riff portante, punteggiato da tastiere melliflue. Descrivere il sound di The Sleeping City è comunque molto complicato: idealmente, gli Opeth rimangono sempre i numi tutelari degli An Abstract Illusion, ma più a un livello concettuale che pratico, con l'alternanza tra momenti più pesanti e tirati, momenti più melodici e accattivanti con cantato pulito e lunghe sezioni strumentali dove esplode tutto l'amore della formazioni svedese per il progressive anni settanta, tanti momenti dominate da tastiere, sintetizzatori e assoli di chitarra (alcuni dei quali indubbiamente debitori del buon David Gilmour, ovviamente). Aldilà di questo, gli An Abstract Illusion sembrano abbandonare quasi totalmente la classica struttura canzone, adottando invece una forma più libera da qualunque vincolo di strofa o ritornello, con variazioni di toni, ritmi e atmosfere continue.
Un songwriting estremamente ricco e complesso, che, a onor del vero, rischia in qualche punto di finire in territori eccessivamente pretenziosi o contorti, ma che riesce sempre a evitare la trappola della noia e del virtuosismo fine a se stesso. Anzi, il maggior pregio di The Sleeping City è proprio la sua capacità di riuscire a "fluire" nella sua ora di durata, senza eccessivi momenti di stanca degni di nota e risultando capace di acchiappare l'attenzione dell'ascoltatore sin dalla prima volta in cui si schiaccia il bottone Play: una virtù importantissima in un disco caratterizzato da un sound così denso, vario e complesso.
L'altro punto di forza dell'album è la presenza di tanti piccoli momenti incredibili (su due piedi, mi viene in mente il momento techno in "Blackmurmur", la splendida accelerazione centrale di "No Dreams Beyond Empty Horizons" tutta giocata sul contrasto tra blast beat e tastiere, e tra growl e cantato pulito, o gli splendidi assoli di chitarre e tastiere che caratterizzano la sezione centrale di "Emmet") che mi hanno letteralmente impressionato durante l'ascolto. Per il resto, gli An Abastract Illusion sono stati bravi a unire in modo organico le due anime della propria musica, quella più oscura e aggressiva all'attitudine progressiva e melodica, evitando quell'effetto straniante che si ha quando sembra di sentire due (ottimi) dischi differenti appiccicati insieme (che, secondo me, è ancora il difetto principale dei comunque bravissimi Blood Incantation).
L'altro punto di forza dell'album è la presenza di tanti piccoli momenti incredibili (su due piedi, mi viene in mente il momento techno in "Blackmurmur", la splendida accelerazione centrale di "No Dreams Beyond Empty Horizons" tutta giocata sul contrasto tra blast beat e tastiere, e tra growl e cantato pulito, o gli splendidi assoli di chitarre e tastiere che caratterizzano la sezione centrale di "Emmet") che mi hanno letteralmente impressionato durante l'ascolto. Per il resto, gli An Abastract Illusion sono stati bravi a unire in modo organico le due anime della propria musica, quella più oscura e aggressiva all'attitudine progressiva e melodica, evitando quell'effetto straniante che si ha quando sembra di sentire due (ottimi) dischi differenti appiccicati insieme (che, secondo me, è ancora il difetto principale dei comunque bravissimi Blood Incantation).
È comunque innegabile che The Sleeping City soffra anche di qualche difetto: per prima cosa, le parti più tipicamente death metal sono indubbiamente meno efficaci rispetto a quelle melodiche e progressive. L'impressione, in più di un punto, è che siano quasi una piccola tassa obbligatoria da pagare per creare il contrasto di base nel sound e per potere introdurre le parti strumentali; a ben pensarci, è lo stesso problema che aveva afflitto gli Opeth nell'ultima parte di carriera prima della svolta settantiana di Heritage, dove le parti più tirate sembravano una stanca riproposizione di soluzioni già viste, piazzate lì solo per dare il via alle parti più melodiche e ricercate. Il risultato è che The Sleeping City risulta così un lavoro pesantemente sbilanciato sulle parti più melodiche, per quanto ottime.
Il secondo difetto è sulle linee vocali più aggressive, che ho trovato generalmente piatte e poco incisive, se non fastidiose: è probabilmente un problema mio, ma un certo tipo di growl "teatrali" mi ha sempre irritato. In questo caso, il cantante Christian Berglönn in un paio di momenti (in particolare sulla già citata "Emmett") si cimenta con un tipo di growl estremamente calcato e sofferente, con grida lancinanti che ho trovato irritanti e troppo artefatte, una soluzione quasi kitsch che stride pesantemente con una musica così ricca e ricercata.
Oltre a questo, forse una maggiore concisione in alcuni punti e la rimozione dell'inutile brano strumentale "Silverfields" avrebbe garantito un minutaggio più contenuto portando a un disco ancora più coeso e compatto.
Il secondo difetto è sulle linee vocali più aggressive, che ho trovato generalmente piatte e poco incisive, se non fastidiose: è probabilmente un problema mio, ma un certo tipo di growl "teatrali" mi ha sempre irritato. In questo caso, il cantante Christian Berglönn in un paio di momenti (in particolare sulla già citata "Emmett") si cimenta con un tipo di growl estremamente calcato e sofferente, con grida lancinanti che ho trovato irritanti e troppo artefatte, una soluzione quasi kitsch che stride pesantemente con una musica così ricca e ricercata.
Oltre a questo, forse una maggiore concisione in alcuni punti e la rimozione dell'inutile brano strumentale "Silverfields" avrebbe garantito un minutaggio più contenuto portando a un disco ancora più coeso e compatto.
Aldilà di tutto, The Sleeping City rappresenta un grosso passo avanti per gli An Abstract Illusion, capaci di affrancarsi dalle pesanti influenze per approdare a una musica realmente progressiva e ricercata, caratterizzata da un ottimo songwriting tanto ricco quanto scorrevole (soprattutto nella prima metà del disco), capacità tecniche innegabili e momenti davvero degni di nota, soprattutto quando le due anime della band si uniscono in modo omogeneo. Per contro, le parti più squisitamente death metal non appaiono così ispirate e sembrano quasi piazzate lì per "dovere" e il cantato aggressivo di Christian Berglönn eccede in teatralismi [a mio parere] davvero poco efficaci. È ormai chiaro che gli An Abstract Illusion non siano più delle semplici promesse della scena progressive death metal, ma ormai una realtà, pur con altri margini di crescita: speriamo che vengano notati presto da qualche etichetta con maggiori mezzi della pur sempre volenterosa Willowtip Records, in quanto la band svedese merita sicuramente di farsi conoscere da un pubblico più vasto, seguendo le orme degli ormai lanciatissimi Blood Incantation.
The Sleeping City è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale della label Willowtip Records. E' disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni sulla band consultate la Pagina Linktree Ufficiale.

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