Recensione a cura di Albyrinth - tutte le immagini e la musica sono copyright degli aventi diritto
Nel mio articolo 25 Canzoni Power Metal, avevo definito il ritorno di Kai Hansen e Michael Kiske negli Helloween come "impensabile": dopo essersi praticamente autodistrutta a un passo dalla gloria dopo l'immenso successo dei due Keeper of the Seven Keys, e dopo decenni di litigi, accuse e incomprensioni, incredibilmente la band tedesca annunciò nel 2016 la reunion e un tour mondiale. Una reunion, è bene ricordarlo, preceduta da mesi di trattative tra gli avvocati di tutte le parti, con tanto di contratti di titanio sottoscritti da tutti i membri. Tutte cose che possono sembrare molto grette e poco romantiche, ma che, invece, sono state fondamentali per evitare discussioni inutili e trovare un accordo che soddisfacesse tutti. Un tour dal successo epocale ha poi sancito una ritrovata e, per certi versi impronosticabile, armonia tra i membri della band, che sembravano non solo divertirsi un mondo, ma, come recitava lo slogan stesso del tour [Pumpkins United - Zucche Unite], veramente uniti tra loro. In particolare i due cantanti Andi Deris e Michael Kiske non solo non erano entrati in competizione tra loro, ma sono diventati grandissimi amici anche al di fuori dell'attività della band. Non stupisce, quindi, che le Zucche abbiano così deciso di pubblicare anche un album in formazione riunita e, dopo 4 anni (e con tutte le comprensibili difficoltà relative al fatto che sia uscito in piena pandemia), può uscire il self-titled Helloween, un lavoro di qualità "semplicemente" discreta: troppo lungo (75 minuti!), con una serie di canzoni (su "Skyfall" e "Mass Pollution" ci metterei quasi la mano sul fuoco) che parevano scritte prima della reunion stessa e poi riadattate alle tre chitarre e due cantanti. Il risultato è, grossomodo, qualitativamente in linea con i precedenti dischi degli Helloween, quindi sicuramente oltre alla sufficienza, ma, personalmente, rimasi abbastanza deluso dal fatto che le tre chitarre non fossero sfruttate appieno, così come le due voci, con i due cantanti che si dividevano equamente le canzoni interagendo piuttosto poco (a eccezione dell'ottima "Best Time", forse l'unico pezzo veramente memorabile dell'album insieme all'epica "Robot King").
Tempo altri 5 anni (conin mezzo un altro tour mondiale di grande successo) e, con una certa sorpresa, arriviamo a questo nuovo Giants & Monsters: ho utilizzato il termine "sorpresa" perché erano in molti (sottoscritto compreso) a pensare che, dopo il primo tour, un album celebrativo della reunion e un altro lunghissimo tour, per questi Helloween fosse arrivato il capolinea, con ognuno che tornava contento a casa propria. E invece con Giants & Monsters si ha forse la definitiva dimostrazione che non siamo più di fronte a un evento, ma a una band vera e propria che ha intenzione di continuare con questa formazione allargata. Rispetto al precedente lavoro due cose saltano immediatamente all'occhio: la durata più contenuta (52 minuti nonostante le 10 canzoni) e una distribuzione più equa dei credits di scrittura (2 canzoni Weikath, 3 Deris, 2 Gerstner, 2 Hansen e una collaborazione tra Deris e Hansen), fattore che finisce per essere fondamentale per comprendere questo Giants & Monsters, un disco eterogeneo e vario dove ognuno dei musicisti riesce a infondere, con un certo successo, la propria personalità.
Si inizia con "Giants on the Run" (prima collaborazione in assoluto fase di scrittura tra Andi Deris e Kai Hansen) pezzo che inizia in modo abbastanza rilassato, per poi esplodere nelle classiche sonorità power metal con un Deris sugli scudi; da sottolineare il break centrale più teatrale, con un inedito Kai Hansen che canta in modo molto sporco. "Savior of the World" (scritto da Michael Weikath) è la classica traccia con doppia cassa a manetta di puro happy metal, pensata per esaltare al massimo la voce (sempre eccezionale) di Michael Kiske, forse il brano dove si sentono maggiormente gli echi dei due Keepers. "A Little Is a Little Too Much" è una classica canzone di Andi Deris, un mid-tempo più hard rockeggiante che mi ha ricordato le atmosfere di "A Handful of Pain" su Better Than Raw, caratterizzato dalla forte presenza di tastiere e da un ritornello piuttosto immediato (per quanto non uno dei migliori partoriti dal biondo cantante); da sottolineare come questa sia la prima occasione nel disco dove si avverte una buona interazione tra le due voci.
Che "We Can Be Gods" sia un pezzo partorito dalla penna di Kai Hansen lo si avverte sin dai primissimi secondi, e soprattutto dalle strofe molto aggressive, che sembrano scritte espressamente per la voce di Kai (il che fa pensare a un piccolo riciclo di qualcosa scritto originariamente per i Gamma Ray) e poi riadattate per quelle di Kiske e Deris; nonostante un ritornello non certo memorabile, la canzone si fa apprezzare soprattutto sugli ottimi assoli che finalmente sfruttano bene le tre chitarre. "Into the Sun" (scritta da Andi Deris) è invece una classica power ballad magniloquente e con un atmosfera drammatica che sembra quasi citare consapevolmente la mitica "A Tale that Wasn't Right": Con grande sorpresa è risultata [a mio parere, ovviamente] forse la traccia più memorabile dell'intero disco, con le due voci che duettano in modo alquanto efficace mettendo in mostra ognuno i propri punti di forza in quello che diventerà probabilmente uno degli highlight assoluti del prossimo tour. Esattamente il tipo di brano che avrei voluto ascoltare nel precedente disco e che invece era colpevolmente assente.
Teaser fatto (male) con la AI, fortuna che per la copertina ufficiale si sono affidati a Eliran Kantor...
"This is Tokyo", scelto come primo singolo e creato anch'esso da Deris, è un classico mid-tempo immediato e anthemico dedicato ai fan giapponesi (fedelissimi sin dagli esordi 40 anni fa) che però cade su un ritornello non troppo riuscito, per quanto le melodie immediate non siano poi così male. "Universe (Gravity for Hearts)" porta la firma del terzo chitarrista Sascha Gerstner: dopo una strofa molto veloce ed esaltante, e un ritornello invece non così riuscito, il brano mostra le cose più interessanti nel break centrale, pieno di tante variazioni, ottimi assoli e scelte non convenzionali, come un inaspettato duetto tra Kai e Kiske; peccato per qualche lungaggine di troppo (mi riferisco all'inutile coda finale), con la canzone che supera gli 8 minuti.
"Hand of God", altro brano sempre scritto da Gerstner, è la sorpresa del disco, una traccia molto concisa e diretta, dominata da atmosfere più oscure e nervose, che ricordano quelle di un album controverso come The Dark Ride. Da sottolineare comunque la prestazione perfetta di Deris, soprattutto nel validissimo ritornello. Torniamo in pieni territori happy metal (e sottilmente ironici) con "Under the Moonlight", altra canzone partorita da Michael Weikath che, nonostante una strofa non eccezionale, esplode in un bel ritornello e in alcuni coretti irresistibili perfetti per l'ugola di Kiske, che stampano un sorriso nell'ascoltatore; menzione d'onore per Daniel Loeble alla batteria [che, opinione personale, ho sempre ritenuto il punto debole della formazione, preciso e potente, ma con poco feeling] capace di donare un'ottima dinamicità al pezzo, nonostante la brevissima durata.
Concludiamo con "Majestic", altra canzone che porta la firma inconfondibile di Kai Hansen caratterizzata da una struttura in crescendo e da atmosfere più ricercate, epiche e teatrali: da sottolineare il buon utilizzo dei due cantanti (con Kai che si ritaglia un piccolo, ma significativo ruolo nel mezzo), le ottime melodie e il finale esaltante. Insomma, una conclusione più che degna per l'album e il miglior pezzo scritto da Kai Hansen da molto tempo a questa parte ("Skyfall" non mi aveva mai francamente convinto del tutto).
In definitiva, Giants & Monsters è un album che [produzione pettinata e pulitina a parte], mi ha convinto decisamente più del precedente Helloween (troppo lungo e che sfruttava poco e maluccio le potenzialità di questa formazione allargata), un lavoro molto eterogeneo caratterizzato innegabilmente dalle personalità di ognuno dei songwriter: abbiamo così le tracce immediate e allegre scritte da Weikath, quelle più epiche e teatrali di Hansen, i brani più audaci e meno convenzionali ideati da Gerstner e, infine, il classico approccio più votato all'hard rock di Andi Deris. Un disco che, idealmente, mi ha ricordato un po' la grande libertà creativa che aveva caratterizzato il migliore album dell'era Deris, ovvero Better Than Raw e, proprio per questo motivo, risulta alquanto piacevole da ascoltare. Menzione d'onore anche per il fatto che le due voci siano finalmente sfruttate appieno, ognuna con i proprio momenti di gloria, ma che duettano su quasi tutti i ritornelli, rendendo il songwriting molto più dinamico; anche le tre chitarre hanno un peso sostanziale nell'economia del disco, soprattutto nei frequenti break strumentali.
Pur non raggiungendo i capolavori del passato (non solo i due Keepers ma anche i migliori episodi dell'era Deris), Giants & Monsters è quel tipo di disco che speravo di sentire da questa formazione allargata: canzoni forse semplici, un pochettino prevedibili e pure [piacevolmente] autocitazioniste in più di un punto, che fungono da ottima celebrazione del mito degli Helloween e della loro innegabile eredità, dove però ognuno dei musicisti ha la possibilità di brillare sia in fase di stesura dei brani, sia come prestazioni individuali. Bene così!
Pur non raggiungendo i capolavori del passato (non solo i due Keepers ma anche i migliori episodi dell'era Deris), Giants & Monsters è quel tipo di disco che speravo di sentire da questa formazione allargata: canzoni forse semplici, un pochettino prevedibili e pure [piacevolmente] autocitazioniste in più di un punto, che fungono da ottima celebrazione del mito degli Helloween e della loro innegabile eredità, dove però ognuno dei musicisti ha la possibilità di brillare sia in fase di stesura dei brani, sia come prestazioni individuali. Bene così!
Giants & Monsters è disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online e sul sito ufficiale della label Reigning Phoenix Music. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming. Per maggiori informazioni, visitate la pagina Linktree della band.
Post Correlati
Commenti
Posta un commento