Il Calderone Vol.8 - Korean Edition! Squid Game Stagione 3, Tre Rivelazioni, Il Gioco della Morte e Karma (Recensioni)

L'ottavo appuntamento con la rubrica aperiodica Il Calderone

Recensione a cura di Albyrinth - tutte le immagini sono copyright degli aventi diritto.
Mi scuso per la qualità oscena dell'immagine di testa, ma mi diverte un mondo fare queste immagini low-fi utilizzando programmi di editing volutamente col deretano.

Nota Importante: Questo articolo potrebbe contenere alcuni SPOILER minori riguardanti le serie e il film recensiti. Grazie.

Questa volta la sempre adorabile streghetta ha deciso di dedicarsi alla cucina coreana, preparando nel pentolone piatti tipici come il Kimchi e il Bibimbap. D'altronde, come è facile constatare scorrendo la lista di titoli delle più popolari piattaforme di streaming, è innegabile che negli ultimi 5 anni siamo stati testimoni dell'arrivo di un numero sempre crescente di produzioni seriali e cinematografiche coreane. Se negli scorsi decenni gli show e le pellicole coreane, salvo rare eccezioni (per esempio Oldboy di Park Chan-wook, Train to Busan di Yeon Sang-ho e Memories of a Murder di Bong Joon-ho), erano conosciuti solo da appassionati del fansub e dai frequentatori dei festival cinematografici, con il successo imprevisto ed epocale di Squid Game e l'impronosticabile (ma meritatissimo) Oscar per Parasite di Bong Joon-ho siamo stati letteralmente invasi da un alto numero di produzioni provenienti dal Paese asiatico. Il che è un fattore in realtà assolutamente positivo, vista la qualità e solidità media di queste produzioni, spesso molto più coraggiose, ciniche e ben eseguite rispetto alla qualità media calante delle produzioni occidentali dell'era post-COVID; tanto che, ormai, un buon 60% di ciò che guardo in streaming proviene dalla Corea, motivo per cui ho deciso di dedicare una puntata speciale della rubrica "Il Calderone" a un film e tre show coreani, partendo dalla conclusione del più famoso di essi, Squid Game. Let's go!

Squid Game (Stagione 3 - Recensione)

Non potevamo non parlare di quella che è stata la vera e propria testa d'ariete per l'invasione di prodotti coreani nelle piattaforme streaming, ovvero Squid Game, giunto con la terza stagione alla sua naturale conclusione: della serie, ma, con tutta probabilità, non del franchise. Per correttezza, bisognerebbe forse parlare di seconda parte della seconda stagione, visto che è chiarissimo come le stagioni due e tre siano state concepite come un unicum dal creatore Hwang Dong-hyuk e come Netflix abbia poi deciso di dividerle in due per sfruttare più a lungo lo show più visto nella storia della piattaforma. Una scelta legittima, ma che probabilmente ha comportato il tentare di allungare il brodo il più possibile tenendo tutto il girato, con un paio di episodi di troppo, soprattutto quelli in cui, sostanzialmente non succede nulla e si rimane in attesa del prossimo gioco, che affossano abbastanza il ritmo.
Aldilà di questo problema, si può dire che il finale di Squid Game sia stato indubbiamente solido e soddisfacente: se i personaggi di contorno sono risultati sicuramente meno memorabili rispetto alla prima stagione e la scelta di eliminare troppo presto Thanos ha di fatto tolto di mezzo il personaggio "cattivo" più carismatico, queste ultime sette puntate riescono a chiudere bene tutte le trame, e soprattutto a presentare dilemmi morali ancora più marcati e divisivi. Ancora da volta, è necessario sottolineare come le produzioni coreani presentino situazioni (mi riferisco in particolare alla nuova giocatrice che diventa il fulcro della narrazione) che sarebbero totalmente impensabili per il mercato occidentale, abituato a una visione decisamente più manichea della moralità, che, in Squid Game come in gran parte delle produzioni drammatiche coreane, ha invece molte più aree di grigio, con una visione molto più pessimista dell'uomo e del suo egoismo. Dilemmi morali che sono anche il fulcro dello scontro tra il protagonista Seong Gi-hun (interpretato da Lee Jung-jae) e il Front-Man (interpretato da Lee Byung-hun), con un'altra scelta interessante: la sfida tra i due antagonisti è infatti sul lato squisitamente ideologico, cosa che rende il finale della serie meno scontato di quanto si potesse immaginare. 
Insomma, a dispetto di qualche lungaggine di troppo e di un paio di giochi decisamente più banali rispetto alla prima stagione, il finale di Squid Game si è rivelato un prodotto solido che chiude bene l'esperienza di questa serie coreana, divenuta a sorpresa [anche per la stessa Netflix, che inizialmente non aveva neppure fatto doppiare lo show] uno degli show più popolari dell'era streaming in Occidente. Un risultato impensabile, ma che ha avuto il merito di aprire le porte alla sterminata produzione televisiva e cinematografica coreana, mediamente di buona qualità. Non siate però tristi, perché è chiaro che Netflix non vuole in alcun modo rinunciare al franchise e il cameo clamoroso appena prima dei titoli di coda e le voci che vogliono il grande David Fincher alla guida della versione americana dello show sono due indizi piuttosto forti sul proseguimento dei giochi mortali in una versione statunitense, che potrebbe riservare molte sorprese visto che il tesissimo clima politico attuale ben si addice al tono cinico e drammatico dello show.

Squid Game è una serie trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.

Un particolare della locandina del film Tre Rivelazioni, trasmesso in esclusiva su Netflix

Tre Rivelazioni (Film - Recensione)

Kwon Yang-rae (interpretato da Shin Min-jae) è un maniaco pedofilo, recentemente rilasciato in libertà vigilata, che sta seguendo una potenziale vittima (una ragazzina quindicenne), quando finisce nella piccola chiesetta protestante guidata da reverendo Sung Min-chan (interpretato da Ryu Jun-yeol, visto recentemente nell'interessante The 8 Show, una serie ricca di interessanti sottotesti sociali, sempre trasmesso da Netflix) che, in cerca di nuovi proseliti, tenta di registrarlo alla propria congregazione. Quando la ragazzina quindicenne effettivamente scompare, è chiaro che il sospettato principale sia proprio Kwon Yang-rae: sulle sue tracce si metteranno la detective Lee Yeon-hee (interpretata da Shin Hyun-been) - desiderosa di mettere Yang-rae definitivamente dietro alle sbarre e di salvare la ragazzina a tutti i costi per superare il trauma della perdita della sorella, morta suicida dopo essere stata rapita dal maniaco - e il pastore Min-chan, convinto di avere avuto una visione mistica con Gesù che gli indicava di dovere uccidere il maniaco in modo da ottenere la gloria terrena (ovvero la guida di una congregazione molto più numerosa in una chiesa più prestigiosa). 
Il regista Yeon Sang-ho è, come già detto nella introduzione, uno dei pochi nomi conosciuti in Occidente da prima del successo di Squid Game, grazie al suo film tesissimo horror a tema zombie Train To Busan, divenuto in tempi brevi un film di culto per gli appassionati. Il regista coreano ha ultimamente trovato casa su Netflix, prima con il discreto film fantascientifico Jung_E e poi con questo Tre Rivelazioni, una pellicola drammatica con alcune venature thriller che segue tre personaggi differenti (il maniaco, il pastore e la detective), i cui destini si incrociano in modi sempre più stretti, mentre il tempo scorre inesorabile per la ragazzina rapita dal maniaco.
Benché l'intreccio non sia nulla di troppo originale e, in parte, anche debitore di alcune delle trame e dei dilemmi morali tipici dei film di HitchcockYeon Sang-ho riesce a confezionare un film girato in modo impeccabile, caratterizzato da recitazione di buon livello, una sceneggiatura valida (nonostante un paio di passaggi decisamente forzati), caratterizzazioni solide e non banali, e, soprattutto, una gestione della tensione impeccabile. In tutto questo, trovano anche spazio tematiche che ormai abbiamo imparato a riconoscere in molte produzioni coreane: la frustrazione per errori giudiziali, il desiderio di vendetta, la critica al modo aggressivo di fare proselitismo di alcune congregazioni religiose e la riflessione sull'egoismo delle persone, disposte a sacrificare anche vite umane pur di ottenere soldi e fama. Tre Rivelazioni è così un film che, pur con qualche difetto nella gestione della trama e una quindicina di minuti di durata di troppo, si è rivelato un'opera solida e di qualità più che discreta, decisamente consigliata se amate i film drammatici con venature thriller. Insomma, una pellicola dalla qualità sicuramente superiore alla desolante media delle produzioni originali Netflix dell'ultimo paio di anni.

Tre Rivelazioni è una pellicola trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.

Un poster per la serie tv Il Gioco della Morte, trasmessa in esclusiva su Prime Video

Il Gioco delle Morte (Stagione 1 - Recensione)

Choi Yae-jee (interpretato da Seo In-guk) è un giovane ragazzo laureato che, dopo avere perso una grossa occasione lavorativa per una serie di sfortune, non è più riuscito a trovare impieghi prestigiosi, finendo a fare lavori umilissimi e a vivere in un fatiscente appartamento. Dopo l'ennesimo colloquio andato male, completamente al verde e pure sfrattato di casa, Choi Yae-jee decide di lasciare la sua ragazza e di farla finita buttandosi da un palazzo. La Morte (interpretata da Park So-dam, nota per essere una delle protagoniste del celeberrimo Parasite) però rimane offesa dal suo gesto e dalla mancanza di rispetto verso la propria vita e i propri cari, e decide così di punirlo: Choi Yae-jee si dovrà reincarnare 12 volte, in persone di età e sesso differenti [non necessariamente nel presente] che sono condannate a morire in tempi relativamente brevi. Se Choi Yae-jee sarà così bravo da modificare il destino della persona e salvarla dalla morte, potrà vivere la sua vita fino alla fine; detto questo, arrivato all'ultima delle reincarnazioni, sarà comunque punito finendo all'inferno.
Basato sull'omonimo Webtoon (i cui primi episodi in lingua inglese sono gratuiti) Il Gioco della Morte ha indubbiamente alle spalle un'idea molto forte, che è sfruttata sicuramente bene. Ogni reincarnazione comporta un utilizzo di toni, stili e generi differenti, mantenendo così vivo l'interesse dello spettatore: abbiamo così, per esempio, un dramma scolastico con un ragazzo bullizzato, una folle puntata di pura azione (ed effetti speciali pacchiani) con protagonista un killer che si rivolta alla propria organizzazione, un dramma sentimentale con un modello pieno di soldi e ragazze e, addirittura, un vero e proprio thriller con protagonista un sadico serial killer! Ma, fortunatamente, la serie non si arena nel suo "high concept", ma lo sceneggiatore e regista Ha Byung-hoon lavora invece di fino inserendo una trama orizzontale, inizialmente quasi invisibile, che invece piano piano lega tutte le reincarnazioni insieme, fino a creare un quadro dove tutto (o quasi) si incastra, a volte in modo molto sorprendente. Insomma, al solito, a fare la differenza è la solidità della sceneggiatura, soprattutto sul finale, dove avviene una svolta verso il melodramma alquanto ardita e riuscita. In definitiva, è probabile che uno spettatore sia attirato dall'idea di base de Il Gioco della Morte, ma che, alla fine, rimanga molto più affascinato dalla sceneggiatura e dai continui e riusciti cambi di tono, che rendono la visione avvincente, sorprendente ed emozionante. Da vedere.

Il Gioco della Morte è una serie trasmessa in esclusiva in streaming su Amazon Prime Video.

Il poster (ruotato) della serie coreana Karma, trasmessa in esclusiva su Netflix

Karma (Stagione 1 - Recensione)

Park Jae-yeong (interpretato da Lee Hee-joon) è un criminale di mezza tacca che ha accumulato debiti presso uno usuraio e si ritrova in pericolo di vita, in quanto, se non estinguerà il suo debito entro un mese, questo sarà pagato con l'espianto di uno o più organi vitali. Una volta scoperto per caso che il padre ha stipulato un'assicurazione sulla vita, decide, con l'aiuto di un ex-criminale delle triadi cinesi, di simulare un incidente per intascarsi il premio. Partendo da questo spunto, la trama si dipana coinvolgendo una serie di personaggi, ognuno legato all'altro in modo insospettabile: una dottoressa con disturbo da stress post-traumatico, una coppia di truffatori, un serioso chirurgo, un agopunturista fedifrago, un paziente arrivato in pronto soccorso con forti ustioni e un ex-poliziotto divenuto investigatore privato.
Basato anch'esso su un mahnwa [disponibile gratuitamente in lingua inglese QUI - essendo lo show molto fedele è consigliato leggere il fumetto solo DOPO avere visto Karma] lo show Karma mi ha ricordato un po' alcuni film corali dei fratelli Cohen, dove criminali stupidi fanno cose altrettanto stupide, le cui conseguenze si riverberano su una moltitudine di personaggi. La differenza, in questo caso [oltre a una presenza molto meno marcata di black humor], è l'intricatissima rete di relazioni che legano i vari personaggi e formano un quadro complesso e affascinante, dove tutto trova un incastro perfetto (o quasi). Bravissimo quindi il regista e sceneggiatore Lee Il-hyung a non perdere la rotta e a evitare che la trama finisca inghiottita dalla necessità di fare quadrare il tutto. Per contro, ovviamente, la serie richiede un certo impegno intellettuale da parte dello spettatore (non solo per il numero di personaggi, ma anche per la narrazione non lineare, caratterizzata da continui salti temporali) e lo show è cucinato decisamente a fuoco lento, così che tutti i protagonisti abbiano il loro spazio e il loro arco narrativo. In definitiva Karma è una serie drammatica (con alcune venature thriller) affascinante, intricata e decisamente ben realizzata che dimostra ancora una volta come il destino, a volte, possa essere alquanto beffardo. Consigliata!

Karma è una serie trasmessa in esclusiva in streaming su Netflix.

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