Recensione a cura di Albyrinth
Nota Importante: Questo articolo contiene alcuni SPOILER minori riguardanti il film Thunderbolts*. Grazie.
Annunciato a sorpresa nel 2022, Thunderbolts* [il significato dell'asterisco ci viene finalmente spiegato nella scena finale del film] rappresentava un oggetto misterioso nella già complicata Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU da questo momento): un film basato su personaggi minori (Bucky Barnes a parte) visti in pellicole di successo non certo epocale (Ghost in Ant-Man and the Wasp; Yelena, Red Guardian e Taskmaster in Black Widow) o addirittura solo in serie TV uscite in esclusiva su Disney+ (U.S. Agent in Falcon e Winter Soldier). Insomma, un film che rischiava di trasformarsi in un insuccesso critico e commerciale, ma che, invece, si è rivelato essere una discreta sorpresa: pur con alcuni oggettivi problemi e difetti, Thunderbolts*, in virtù del cuore, di un cast generalmente in ottima forma e della consapevolezza di cosa abbia portato il MCU al successo, riesce a portare a casa il risultato, chiudendo così con una nota positiva la Fase 5.
Tagli al Personale
Valentina Allegra De Fontaine (interpretata da Julia Louis-Dreyfuss), attuale (corrotto) capo della CIA con una valanga di scheletri nell'armadio è sotto inchiesta per il suo coinvolgimento con le attività di OXE Group, un'azienda che eseguiva sperimentazioni illegali su cavie umani per la creazione di nuovi esseri con superpoteri. Nel tentativo di distruggere qualsiasi prova, Valentina spedisce i suoi agenti operativi segreti (ognuno inconsapevole della presenza degli altri) - la nuova Vedova Nera Yelena Belova (interpretata da Florence Pugh), Ghost (interpetrata da Hannah John-Kamen), Taskmaster (interpretata da Olga Kurylenko) e US Agent (interpretato da Wyatt Russell) - in un caveau segreto della OXE. In realtà, si tratta di una trappola mortale: il vero obiettivo è fare in modo che gli agenti si uccidano tra di loro per poi lanciare l'autodistruzione del caveau. Dopo le prime ovvie schermaglie, i 4 capiscono di essere finiti in una trappola e, nel tentativo di fuggire da morte sicura, risvegliano un misterioso uomo in pigiama, Bob (interpretato da Lewis Pullman), imprigionato nel caveau e probabile vittima di sperimentazioni. L'improbabile gruppo (Bob incluso) riuscirà a sfuggire all'autodistruzione del caveau, ma si ritroverà braccato dai militari: riusciranno a sfuggire grazie all'atruismo di Bob (che si consegna ai militari per fare scappare gli altri) e all'aiuto del "padre putativo" di Yelena, ovvero Alexei Shostakov/Red Guardian (interpretato da David Harbour). Sulle loro tracce c'è però anche Bucky Barnes, ovvero il Soldato d'Inverno (interpretato da Sebastian Stan), neo-eletto deputato al Congresso, in cerca di prove per fare arrestare Valentina. Una volta messe da parte le divergenze, il gruppo si dirige al quartier generale di Valentina (l'ex- Avengers Tower) per arrestarla. Peccato che la donna abbia un potentissimo asso nella manica...
Un Film Rischioso
Ultimo film appartenente alla Fase 5 del MCU, che aveva già visto alcuni flop (tra cui quello epocale di
The Marvels) sia critici che commerciali,
Thunderbolts* rischiava di essere un nuovo progetto fallimentare. D'altronde la presenza di personaggi poco conosciuti, alcuni dei quali visti solamente nelle serie TV rilasciate su Disney+, nessuno dei quali (a parte ovviamente Bucky e la nuova Vedova Nera interpretata da
Florence Pugh) particolarmente sviluppato o memorabile era un grosso campanello di allarme. Invece
Thunderbolts* riesce a portare a casa il risultato, almeno dal punto di vista qualitativo, rivelandosi un'opera divertente, piacevole e appassionante.
Il merito del team creativo è stato quello di capire che bastava ispirarsi alle pellicole che hanno definito il MCU per ritrovare la strada giusta: aldilà dell'idea di base (in realtà molto più vicina come concetto alla Suicide Squad di casa DC che ai Thunderbolts fumettistici originali di
Kurt Busiek e
Mark Bagley, che erano tutti villain che si fingevano eroi), non c'è dubbio che questa pellicola peschi a piene mani dai Guardiani della Galassia (il team di underdog che si trova a collaborare per puro caso e che, inaspettatamente, diventa una vera e propria famiglia), oltre che dagli Avengers stessi, peraltro omaggiati ampiamenti nella scena d'azione per le strade di Manhattan. Tutti riferimenti molto familiari, che aiutano lo spettatore a sentirsi subito a casa, nonostante teoricamente lo spaesamento iniziale (soprattutto per chi non avesse visto il film dedicato a
Black Widow).
Un'Opera Interconnessa, Ma a Se Stante
Tutto sommato
Thunderbolts* sembra essere la risposta perfetta a quella che, nell'articolo
Marvel Cinematic Universe Fase 5: La Restaurazione, avevo definito "l'arroganza del brand", ovvero il ritenere che il brand Marvel fosse invincibile e che tutti gli spettatori fossero intenzionati a sciropparsi decine di ore di serie TV per conoscere ogni singolo personaggio. Un fattore che aveva affossato completamente il già citato
The Marvels, praticamente impossibile da apprezzare come opera a se stante, e che invece, sorprendentemente, non colpisce questa pellicola che, nonostante una mole di riferimenti a opere pregresse, è perfettamente guardabile anche per chi non avesse la minima idea di chi siano Ghost o US Agent.
Merito di una sceneggiatura (opera di
Eric Pearson, ideatore anche della storia, e di
Joanna Calo) tutto sommato semplice e lineare che non si perde troppo in riassunti e spiegoni (a parte per il personaggio di Sentry, ma ne parleremo più avanti), ma lascia i personaggi interagire liberamente. Alla fine basta una battuta piazzata al punto giusto per contestualizzare poteri e status dei personaggi. Per esempio, per Ghost basta sapere che che può smaterializzarsi e passare attraverso i muri e che ha avuto un passato complicato e doloroso e non c'è bisogno di perdere minuti a riassumere la trama di
Ant-Man and the Wasp con nozioni che sarebbero totalmente superflue.
Un Cast Sfruttato Bene
Altro fattore positivo è stata la scelta di assegnare ruoli ben definiti al più che discreto cast: così a David Harbour, il cui Red Guardian è un vero e proprio residuato bellico stereotipato della Guerra Fredda, è affidato (con grande successo) il ruolo di spalla comica del gruppo, mentre il ruolo di leader naturale spetta ovviamente al Bucky Barnes di Sebastian Stan, in virtù della sua lunga e complessa storia nel MCU. Ma l'idea migliore è stata rendere Florence Pugh (sicuramente l'attrice più dotata del cast, escludendo la veterana e bravissima Julia Louis-Dreyfuss della quale parleremo nel paragrafo dedicato a Sentry) il fulcro emozionale della pellicola, in grado di reggere sulle sue spalle il cambiamento di tono che avviene sul finale, quando entrano in scena tematiche complesse quali depressioni e disturbi della personalità. Anche perché, è giusto dirlo, Florence si dimostra ancora abbastanza legnosa sulle scene d'azione, risultando, sotto questo aspetto, sicuramente meno efficace della precedente Vedova Nera, interpretata ovviamente da Scarlett Johannson.
Purtroppo, a farne le spese, sono invece i personaggi di US Agent, Taskmaster e Ghost [lo sceneggiatore Eric Pearson ha poi dichiarato che tutti e tre avevano un ruolo maggiore nelle prime stesure, ma che sono stati sacrificati per snellire la narrazione], che, sostanzialmente, non hanno alcun arco narrativo personale, ma sono lì un po' a fare numero e a rendere più dinamiche le scene d'azione.
Un Buon Bilanciamento
Altro fattore vincente di
Thunderbolts* è il bilanciamento a livello di tono: il film opta per gran parte della sua durata per un tono leggero e divertente, con tante battute (in piena tradizione Marvel) e un personaggio, Red guardian, appositamente pensato come spalla comica del gruppo
[anche se non mi sarebbe dispiaciuto vedere soluzioni tipiche della buddy comedy tra il personaggio e il Winter Soldier, come avvenuto in modo alquanto brillante nella Terza Stagione di What If?!?]. La pellicola è così molto divertente, mai troppo sopra le righe e strappa più di un sorriso: certo, non possiamo aspettarci il delizioso delirio pop dei Guardiani della Galassia (ma lì c'era un regista e sceneggiatore ben più personale e coraggioso come
James Gunn), ma
Thunderbolts* riesce a intrattenere con intelligenza lo spettatore, cosa che, francamente, non accadeva da un bel po' nel MCU.
A questo tono divertente e generalmente rilassato si contrappone però quello decisamente più drammatico, dove il film parla apertamente di argomenti non semplici quali depressione, il superamento del lutto, il disturbo da stress post-traumatico e disturbi della personalità. Un carico emotivo importante (peraltro sostenuto quasi interamente dai personaggi interpretati da
Florence Pugh e
Lewis Pullman), ma trattato senza troppa pesantezza (ma con sufficiente competenza), che aggiunge un po' di profondità alla pellicola e che rende la scena madre se non del tutto originale, quantomeno inaspettata, visto che preferisce un approccio visionario e intimista piuttosto che le classiche botte da orbi e raggi sparati in cielo.
Il Fattore Vincente
Aldilà delle buone intuizioni, del cast ben sfruttato e di una regia tutto sommato senza grosse sbavature, il fattore vincente di Thunderbolts* è il suo cuore. Continuo a ribadire il concetto: quando gli sceneggiatori sono i primi a tenere ai personaggi, a metterli davanti alla storia, gli spettatori se ne accorgono e si affezionano a essi. È il grande segreto del successo della trilogia dei Guardiani della Galassia (altro progetto che sembrava destinato a un insuccesso), ma anche del primissimo film degli Avengers dove, a fronte di una trama tutto sommato sempliciotta e basilare, a vincere era l'amore verso i personaggi e l'emozione di vederli collaborare tutti insieme per la prima volta. E non è un caso che la maggiore scena d'azione che coinvolge i Thunderbolts sia ambientata sotto la ex-Avengers Tower per le strade di Manhattan. Sarà forse un giocare troppo sul sicuro, ma è emozionante vedere questi perdenti unirsi e trasformarsi in eroi per salvare i passanti dalla minaccia di Sentry/Void. Chiaro, non si tratta di nulla di nuovo, solo della comprensione dei meccanismi di base che hanno reso così amato il MCU per gli spettatori e della loro riproposizione. Insomma, dopo anni controversi e complicati, la sensazione è di essere tornati finalmente a casa.
Una Villain Irresistibile
Un altro fattore vincente è la vera villain del film, ovvero la Valentina Allegra De Fontaine interpretata dalla bravissima Julia Louis-Dreyfuss. Se la caratterizzazione non è nulla di sconvolgente, il classico personaggio potente e manipolatore basato sul canovaccio del Lex Luthor della DC [i più precisini direbbero che è basata su Norman Osborn, vista l'ultima scena, ma l'archetipo è quello del buon pelatone], è proprio la recitazione della Dreyfuss a fare la differenza, sempre sottilmente ironica e beffarda, controllata e mai esageratamente sopra le righe. Un personaggio sicuramente narcisista e stronzo fino al midollo [peraltro tristemente attuale], ma anche un villain irresistible che lo spettatore adora odiare; la dimostrazione che, a volte, basta azzeccare il casting e lasciare all'attore la libertà di aggiungere particolari per caricare nel modo giusto la recitazione per ottenere un ottimo cattivo, per quanto stereotipato possa essere (a conti fatti, a parte un flashback, non sappiamo davvero nulla del passato di Valentina).
L'Onnipotente Sentry
Prima di parlare giustamente dei difetti della pellicola, è giusto dedicare qualche riga a uno dei fattori più critici di
Thunderbolts*, ovvero la scelta di introdurre i personaggi di Sentry e Void (due pesi massimi in termini di potenza), peraltro in un'opera dedicata a personaggi minori del MCU. La storia editoriale di Sentry è alquanto interessante: il personaggio, creato da
Paul Jenkins e
Jae Lee, è stato introdotto con un'abile operazione di ret-con e spacciato come creazione originale di
Stan Lee degli anni '40 andata perduta. La miniserie che introduceva il personaggio (invero forse il supereroe più potente dell'universo Marvel e ovvio contraltare di Superman) infatti partiva dal presupposto che Sentry fosse il supereroe più amato, ma che tutti (lettori compresi!) se ne fossero dimenticati a seguito della decisione dello stesso di eliminare qualunque ricordo legato a esso in quanto legato alla sua controparte negativa, Void, in grado di annichilire l'intero universo. Un'operazione raffinata (per quanto indubbiamente ispirata dal
Miracleman di
Alan Moore, che partiva da presupposti alquanto simili) e interessante, che era impossibile trasportare nel MCU, fosse solo per il fatto che lo spunto di base è stato fregato da
Spider-Man: No Way Home.
Gli sceneggiatori di
Thunderbolts* hanno intelligentemente optato per eliminare tutta la parte relativa alla ret-con e di presentare il personaggio come ex-novo, mantenendo intatte origini e caratteristiche di base, disturbo dissociativo compreso. Il problema era piuttosto gestire un supereroe con poteri praticamente divini (stiamo parlando di livelli di potenza probabilmente solo secondi a Captain Marvel) a confronto con una scalcinata squadra di eroi, in un match-up che si presentava ancora più squilibrato e insensato rispetto a quello di
Captain America Brave New World, e l'unico modo per farlo era dedicando il tempo necessario alla costruzione del personaggio, in modo che il "confronto" finale avesse senso. Il che ha un certo peso nell'economia delle pellicola, tanto da creare qualche sostanziale problema nella gestione del ritmo. E, cosa ancora più importante: ora che il personaggio è stato introdotto nel MCU, riusciranno gli sceneggiatori a evitare di utilizzare Sentry come alquanto conveniente deus ex-machina per risolvere qualunque problema?
Grossi Problemi di Ritmo
Detto dei fattori positivi, è corretto anche menzionare i difetti della pellicola, che sono sostanziali. Thunderbolts*, proprio come i suoi personaggi, è un film comunque imperfetto, vessato da tanti piccoli problemi. Ci sono personaggi che sono lì giusto a fare numero (Ghost e Taskmaster su tutti), scorciatoie alquanto convenienti, svolte narrative difficilmente comprensibili, scene d'azione competenti ma banali (verrebbe da dire adatte alla caratura dei personaggi), ma, soprattutto, ci sono grossi problemi legati alla gestione del ritmo della pellicola.
Dopo una prima scena divertente e ben fatta, Thunderbolts* si arena terribilmente nella lunghissima scena all'interno del caveau della OXE. È chiaro che fosse necessario non solo presentare al meglio i protagonisti e lavorare sulle loro interazioni, ma introdurre al meglio un personaggio alquanto complicato come Sentry/Void, ma il risultato finale è che si ha l'impressione che non sia successo praticamente nulla in tutto il primo atto. La diretta conseguenza di questo è che, quando Thunderbolts* deve per forza di cosa accelerare, poi la narrazione cade nel problema opposto, diventando troppo compressa, soprattutto nel passaggio che porta alla prima apparizione di Sentry in costume, davvero un po' troppo repentina.
Regia Competente, ma Senza Guizzi
L'altro problema riguarda la regia: Jake Schreier, regista non troppo conosciuto, ma con buona esperienza in campo musicale e televisivo (la miniserie Beef su Netflix il suo progetto più conosciuto) svolge un lavoro tutto sommato discreto, senza particolari guizzi, ma anche senza disastri. Insomma, una regia competente, che mostra però la corda nella scena madre del film, dove sarebbe servito un approccio un po' più visionario e ardito e che rende il climax visivamente un po' troppo banale e adagiato su soluzioni non troppo originali. Detto questo, va comunque sottolineato come Jake sia riuscito a non perdere la rotta alla sua prima vera esperienza con un progetto importante di una major, cosa non scontata.
In Conclusione
Tra tutti i progetti cinematografici annunciati per la Fase 5, Thunderbolts* (che chiude ufficialmente questa fase) pareva predestinato al fallimento: un film basato su uno sgangherato gruppo di villain minori che introduceva uno dei personaggi più complessi e critici dei fumetti Marvel, Sentry, nel MCU. Invece, grazie a un approccio intelligente, volto a rendere la pellicola godibile anche senza la conoscenza pregressa dei personaggi, a un cast ben sfruttato, al coraggio di introdurre argomenti ostici come depressione e salute mentale e, soprattutto al grande cuore che possiede, Thunderbolts* porta sorprendentemente a casa il risultato. Un film divertente da sorriso stampato in volto, che funziona perché capisce i meccanismi fondamentali dietro al successo del Marvel Cinematic Universe. Al contempo, Thunderbolts* è una pellicola un po' sghemba e imperfetta (come i suoi protagonisti), con un primo atto quasi letargico e un secondo troppo compresso, con scene d'azione non certo memorabili (ma ben integrate nella narrazione) e un finale che potrebbe osare molto di più a livello visivo. In definitiva, sicuramente una sorpresa e una conclusione positiva per la travagliatissima Fase 5, quasi un manifesto programmatico del futuro prossimo del MCU, come ha fatto capire lo stesso Kevin Feige. Non male, per un gruppo di perdenti!
Note:
- Non perdetevi assolutamente la scena alla fine dei titoli di coda!
- Nelle prossime settimane concluderò anche io l'analisi della Fase 5 del MCU con la recensione di Daredevil: Born Again e un articolo conclusivo con le considerazioni di rito.
Thunderbolts* è ancora presente in tutti i cinema. La pellicola arriverà tra un paio di mesi in VOD e home video, seguita dalla pubblicazione sulla piattaforma streaming Disney+.
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