Il Calderone Vol.7 - Metal Version! The Halo Effect, Killswitch Engage, Architects e Horizon Ignited (Recensioni)

 

Recensioni a cura di Albyrinth

A pochissima distanza dal precedente volume, riecco tornare la rubrica del Calderone, questa volta (come è intuibile dal corpse paint della sempre adorabile strega) totalmente dedicata alla recensione di dischi metal usciti nei primi due mesi del 2025. D'altronde, tempo 60 giorni e sono già usciti tre degli album che avevo definito tra i più attesi dell'anno nell'articolo "Heavy Metal: i Top e Flop 2024 di Albyrinth's Cave", ovvero March of the Unheard degli svedesi The Halo Effect, This Consequence degli americani Killswitch Engage, The Sky, The Earth & All Between degli inglesi Architects, a cui si aggiunge Tides dei finlandesi Horizon Ignited, formazione di cui avevamo parlato oltre due anni fa. Let's go!


La copertina di March of the Unheard, secondo album della band svedese The Halo Effect

The Halo Effect - March of the Unheard - Recensione

Nel presentare l'album nel già citato articolo riassuntone, avevo scritto: "March of the Unheard è l'atteso secondo album dei The Halo Effect e un buon banco di prova per capire se questa band formata da ex-membri degli In Flames e dal prezzemolino Mikael Stanne sia riuscita ad alzare l'asticella della qualità o se, invece, abbia deciso di veleggiare nelle acque sicure (e un po' noiosette) del fan service."
Tutto sommato potrei quasi chiudere questa mini-recensione dicendo che la band svedese ha scelto il secondo approccio, andando totalmente sul sicuro e realizzando un album che va totalmente a pescare dai sound di In Flames e Dark Tranquillity di inizio anni 2000, senza alcuna sorpresa di sorta. Per carità, se non hanno diritto i The Halo Effect di sfornare un lavoro guidato dall'effetto nostalgia, nessuno lo ha, visti i trascorsi dei membri della band. È altrettanto vero che, quando venne annunciata a sorpresa la nascita del supergruppo quattro anni fa, in molti (sottoscritto compreso) avevano sperato che i cinque potessero tornare a scrivere pagine importanti per la scena melodeath, magari evolvendo il sound originale della scuola Göteborg.
Fatto questo preambolo, sarebbe alquanto ingiusto liquidare March of the Unheard come un lavoro noioso e becero, realizzato solo per scucire soldi ai nostalgici dei tempi d'oro della scena death metal melodica svedese. Anzi, a essere sinceri, l'album risulta decisamente superiore all'esordio Days of the Lost (che, a parte un paio di brani, era finito abbastanza presto fuori dalle mie rotazioni), con un songwriting decisamente più a fuoco e coeso. Insomma, la qualità media del disco è decisamente superiore, le canzoni (che raramente superano i 4 minuti di durata) tutte dirette e senza fronzoli, le melodie tessute dalla chitarra di Jesper Strömblad sempre molto piacevoli, la prestazione di Mikael Stanne è inappuntabile (anche sui brani con voce pulita), e l'album risulta alquanto compatto. Per contro, manca un po' di varietà, con uno o due tracce che spezzino un po' il ritmo e manca sicuramente il brano killer, quello che svetti nettamente sugli altri e che risulti memorabile già ai primi ascolti.
In definitiva, è apprezzabile che i The Halo Effect abbiano un'idea precisa di cosa vogliano fare e su quale tipo di pubblico puntare, ma rimane sempre un rimpianto nel vedere cinque musicisti così importanti per la scena melodeath accontentarsi di fare un compitino, per quanto di qualità più che buona.

March of the Unheard è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale della label Nuclear Blast. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina Linktree della band.

La copertina dell'album This consequence degli americani Killswitch Engage

Killswitch Engage - This Consequence - Recensione

A distanza di ben sei anni da Atonement, ecco tornare i Killswitch Engage, la band più rappresentativa per quanto riguarda il metalcore melodico, capace di essere il perfetto "trait d'union" tra il metalcore statunitense e le tipiche melodie provenienti dalla scena melodeath svedese. Un album che, come ben riportato dall'ottima Intervista pubblicata su Metalitalia, ha avuto una genesi leggermente differente rispetto al passato (dove a occuparsi di tutto era prevalentemente il chitarrista Adam Dutkiewicz per la musica e Jesse Leach per i testi), con tutta la band che ha partecipato alla stesura dei brani. 
Il risultato è sicuramente un album molto diretto e coeso (35 minuti scarsi per dieci brani), che non muove di un millimetro le coordinate sonore della formazione americana, ma che mette in risalto il lato più aggressivo, con tanto di blast beat (soluzione che è stata utilizzata molto raramente in passato dai KSE) a fare capolino in un paio di tracce.
Detto questo, This Consequence è quel tipo di disco di mestiere, ma che comunque porta a casa il risultato grazie al solito gusto melodico degno di nota e ad un songwriting generalmente centrato e senza passi falsi, con giusto un paio di pezzi sottotono: personalmente non ho apprezzato troppo "Discordant Nation" e "The Fall of Us", mentre ho trovato "Forever Aligned", "Requiem" e "Collusion" - forse il brano più sperimentale del lotto - gli highlight del disco. Menzione d'onore anche per la prestazione di Jesse Leach, capace di essere efficace sia sulle parti più aggressive, con tanto di growl gutturale, che su quelle più melodiche: anzi, This Consequence è il l'album dove canta meglio in assoluto, cosa non affatto scontata per un cantante con oltre 25 anni di carriera sul groppone.
In definitiva This Consequence è un lavoro che, a parte una maggiore aggressività nelle strofe, non porta nulla di nuovo al sound dei Killswitch Engage, classico disco fatto un po' con il pilota automatico, cosa peraltro più che giustificata per una band alquanto coerente e solida e dal sound parecchio codificato come quella statunitense. Come avevo già avuto modo di dire, i KSE non hanno mai sfornato un brutto disco e This Consequence non fa differenza, anche se l'album si piazza un buon gradino sotto quelli che sono i migliori lavori della band americana (idealmente da Alive or Just Breathing a Incarnate).

This Consequence è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale della label Metal Blade. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina Linktree della band.

La copertina dell'album The Sky, The Earth & All Between della band inglese Architects

Architects - The Sky, The Earth & All Between - Recensione

Chiariamo subito un concetto: gli Architects dei primi sette dischi, una formazione che era riuscita a plasmare una personalissima via al metalcore, con un sound personale, intenso, progressivo, complesso e arcigno, non esistono più [ed è anche giusto così]. Dopo la morte del fondatore, chitarrista e principale compositore Tom Searle all'indomani dell'uscita del capolavoro All Our Gods Have Abandoned Us (uno dei dischi più intensi che abbia mai ascoltato), il gruppo britannico ha deciso di continuare l'attività grazie anche all'innesto del chitarrista Josh Middleton; dopo un lavoro di gran spessore come Holy Hell, che continuava sul sentiero dei precedenti, è arrivato For Those That Wish to Exist, che segnava una svolta abbastanza netta al sound degli Architects, con un deciso ammorbidimento generale e un primo avvicinamento a un metal moderno più commerciale e radiofonico (con chiari riferimenti alle sonorità dei celeberrimi Bring Me the Horizon), condito da alcuni interessanti inserti orchestrali (che è possibile apprezzare appieno sul live con orchestra registrato un annetto più tardi): un lavoro interessante, per quanto di passaggio.
Le cose vanno decisamente peggio (a livello qualitativo) con The Classic Symptoms of a Broken Spirit, dove l'influenza dei già citati BMTH [che, amati o odiati che siano, nel loro genere giocano comunque in un altro campionato rispetto ai tanti epigoni] diventa preponderante, per un disco alquanto leggerino, davvero troppo derivativo e poco ispirato, un vero crimine per una band che invece era stata lei stessa un'ispirazione per molte altre formazioni. Ma se la svolta non convince i fan storici, è piuttosto chiaro come ne abbia portati parecchi nuovi, aumentando esponenzialmente la popolarità della formazione britannica.
E arriviamo così a questo The Sky, The Earth & All Between: salutato Josh Middleton, tornato nei Sylosis, e assoldato il produttore più in voga per il metal moderno, ovvero l'ex-BMTH Jordan Fish (che ha dato anche una ben visibile mano alla stesura e arrangiamenti dei brani), gli Architects dimostrano di essere ancora in cerca di una vera identità. Rispetto al lavoro precedente, la band ha recuperato decisamente la parte più aggressiva della propria musica per un sound che si presenta come estremamente moderno - cioè trasversale - capace di passare da pezzi che flirtano con sonorità deathcore a sventagliate hardcore, passando per tracce più vicine a un certo alternative metal, per arrivare a canzoni che flirtano con sonorità pop. Insomma, pur rimanendo generalmente nel solco della classica struttura "strofa con cantato aggressivo - ritornello radiofonico con cantato pulito", sicuramente non manca la varietà nelle 12 tracce che compongono The Sky, The Earth & All Between, un lavoro decisamente eterogeneo. 
Quello che ancora non funziona del tutto è il songwriting, caratterizzato da una qualità alquanto altalenante: abbiamo così brani decisamente validi come l'opener "Elegy", caratterizzata da una strofa molto trascinante, "Braindead" con i suoi riusciti richiami all'hardcore, "Seeing Red", brano moderno e conciso che gioca bene con la contrapposizione tra strofa e ritornello e la conclusiva "Chandelier" dove echi del passato (soprattutto sulle ritmiche) si fondono brillantemente ad atmosfere pop. 
Per contro, "Everything Ends" e "Landmines" continuano a sembrare dei pezzi scartati dai Bring Me the Horizon, "Judgement Day" è un duetto alquanto insipido - complice un ritornello ben poco ispirato - con la starlet di turno (Amira Elfeky) e "Whiplash" una canzone davvero piatta con il solito riff tritaossa banalotto sentito decine di volte negli ultimi anni, contrastato da un ritornello non certo memorabile. 
In definitiva, The Sky, The Earth & All Between è un classico album caratterizzato da troppi alti e bassi, che mostra bene come questi Architects "2.0" stiano ancora cercando la propria strada a livello di sound e songwriting. Detto questo, mi aspetto un'ulteriore impennata di popolarità per la formazione britannica, visto che il potenziale commerciale di questi 12 brani [che, com'è ovvio, non sempre corrisponde ad effettiva qualità] è altissimo e proietterà ulteriormente gli Architects nell'olimpo delle band "core" capaci di riempire le arene, a fianco a Bring Me the Horizon e Parkway Drive.

The Sky, The Earth & All Between è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale della label Epitaph Records. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sulla Pagina Bandcamp della band. Per maggiori informazioni, visitate il Profilo Instagram della band.

La Copertina dell'album "Tides" della band finnica Horizon Ignited

Horizon Ignited - Tides - Recensione

Avevo recensito in passato Towards the Dying Lands della band finlandese Horizon Ignited, un disco smaccatamente derivativo che si accontentava di clonare il sound degli In Flames dei primi anni 2000, ma che alla fine si portava a casa una meritata sufficienza grazie a un songwriting più ispirato del previsto e a una capacità non banale di scrivere melodie accattivanti.
Perso il contratto con la prestigiosa Nuclear Blast, a distanza di tre anni la formazione finnica sforna Tides, che non cambia di molto le carte in tavola. Le melodie e le strutture degli In Flames di Reroute to Remain rimangono il faro a cui gli Horizon Ignited continuano a volgere il proprio sguardo, anche se, questa volta, la band sembra volere rendere il proprio sound leggermente più moderno, con uno stile più groovy e un utilizzo maggiore del cantato aggressivo (a voler essere sinceri un po' troppo monocorde). Un tentativo che purtroppo, nella prima metà del disco, fallisce miseramente, con brani piatti, noiosi e monotoni, con alcuni riff al limite del plagio (nella opener "Beneath the Dark Waves" c'è pure il tipico riff circolare dagli Amorphis riproposto senza alcun ritegno). 
Tides sembrava quindi diretto ad alta velocità verso un disastro (o, ancora peggio per una band così giovane, verso il totale anonimato) quando, improvvisamente, il disco si risolleva con "My Grave Shall Be the Sea", dove finalmente torna protagonista la voce pulita di Okko Solanterä, ben sostenuta dalle orchestrazioni del tastierista Miska Ek e tornano alla luce quelle qualità che mi avevano fatto apprezzare il disco precedente. Ribadisco, se l'originalità non sarà mai una qualità di questa band, trovo non certo scontate le loro capacità di buttare giù melodie che sappiano cogliere nel segno (per quanto a volte si finisca in territori abbastanza beceri) e di scrivere canzoni semplici e dirette, ma che si lasciano apprezzare sin dai primi ascolti, come ben dimostrano le tracce "Prison of My Mind", "Tides" e la conclusiva "Fragments".
In conclusione, a dispetto di una prima metà davvero noiosa e poco riuscita - caratterizzata tra l'altro dalla presenza di alcuni riff al limite del plagio - gli Horizon Ignited riescono comunque a confezionare un lavoro nel complesso piacevole, dove a vincere sono canzoni indubbiamente semplici e forse scontate, ma graziate da un buon songwriting e da un altrettanto buono gusto melodico. Non finirà certo tra gli annali dei migliori album melodeath (se è per questo, neppure nelle classifiche di fine anno), ma questo Tides, una volta skippate le prime 4 tracce, si lascia ascoltare con grande piacere e, in tempi di abbuffate sonore continue, si tratta già di un ottimo risultato.

Tides è disponibile in formato digitale e fisico sul sito ufficiale della label Reaper Entertainment. E' inoltre disponibile in formato fisico e digitale su tutti i maggiori store online. Il disco è ovviamente inoltre disponibile su tutti i maggiori servizi di musica in streaming, oltre che sullo Store Ufficiale della band. Per maggiori informazioni, visitate la Pagina Linktree della band.

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